Esaminiamo tre prodotti alternativi: bottiglie di plastica in PET (Polietilene tereftalato), lattine e contenitori di vetro. Per valutare l’impatto ambientale di tutti i materiali sarebbe necessario analizzarne l’incidenza lungo l’intero ciclo di vita partendo dall’estrazione della materia prima. Per produrre una tonnellata di PET si impiegano 1,6 tonnellate di petrolio, contro 13 tonnellate di materiali per produrre 1 tonnellata di alluminio e 1,2 tonnellate di materia prima per produrre 1 tonnellata di vetro, a cui
andrebbe però aggiunto il carbonato di sodio. Se analizziamo la tossicità degli scarti, vediamo che per ogni ton di alluminio prodotto vengono rilasciati 2 ton di fanghi rossi (bauxite) e 11 ton di CO2, per ogni ton di PET vengono rilasciate 2,2 ton di CO2, mentre il vetro ne rilascia 1 ton. Ma per produrre il vetro i forni devono raggiungere una temperatura di 1500 gradi che implica un grande consumo di energia. Nei trasporti il PET è quello con il minor impatto, grazie alla sua leggerezza.
Bioplastiche e cartone sono reali alternative?
Se prendiamo in esame altri materiali come ad esempio le bioplastiche, dobbiamo in primo luogo notare che non rappresentano una reale alternativa alla plastica, dato che la capacità produttiva mondiale di bioplastiche copre l’1% del fabbisogno totale di plastica. Come precisa il Report di European Bioplastics, inoltre, non tutte le bioplastiche sono riciclabili e, se disperse nei mari, non sono prive di effetti negativi sulla fauna marina.
Fra i materiali alternativi alla plastica nel settore degli imballaggi, gode
oggi di buona reputazione il cartone che, come tutti i materiali, non manca di punti deboli. Ha caratteristiche inadatte a molti tipi di packaging e per molti impieghi deve essere accoppiato a film plastici. Sally Beken del Knowledge Transfer Network, analizzando l’impatto ambientale del passaggio dalla plastica alla carta, mette in evidenza come sarebbe necessario avere a disposizione un numero di camion adibiti al trasporto sette volte maggiore rispetto all’attuale. Di conseguenza aumenterebbero anche le emissioni di anidride carbonica rilasciata dai mezzi di trasporto nell’atmosfera.
L’analisi dell’impatto ambientale sul ciclo di vita dei prodotti produce risultati inaspettati
Questi pochi esempi ci dicono chiaramente che non esiste alcun materiale totalmente innocuo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente, ma soprattutto che non è corretto valutarlo soltanto quando il prodotto diventa un rifiuto da smaltire. L’impatto sull’ambiente si esercita lungo tutto il ciclo di vita, dall’estrazione della materia
prima fino allo smaltimento del rifiuto e si prendono in considerazione consumo di energia, immissione di CO2 nell’aria, consumo del suolo, tossicità degli scarti, problematiche logistiche, ecc. Quando si applica questo criterio i risultati non sono scontati e i risultati talvolta sconfessano l’opinione corrente.