Nel pomeriggio del 10 dicembre 1963, esattamente sessant’anni fa, nella Sala dei concerti di Stoccolma, il re Gustavo VI Adolfo di Svezia premiò con il Nobel per la Chimica l’italiano Giulio Natta e il tedesco Karl Ziegler per l’invenzione del polipropilene isotattico.
Come Natta ha “inventato” la plastica
Lo scienziato ligure, mostrò sin da ragazzo un brillante ingegno e si laureò in Ingegneria chimica nel 1924, a soli 21 anni. Studiò e insegnò a Milano, diventando il simbolo di un Paese che si era definitivamente lasciato alle spalle l’incubo e le distruzioni della Seconda guerra mondiale.
L’intuizione che portò Natta alla sua scoperta risale al 1952, quando ascoltò il chimico tedesco Karl Ziegler in una conferenza che illustrava i suoi studi del sul polietilene lineare. Bastò poco che già nel marzo 1954 Giulio Natta otteneva i primi campioni di polipropilene lineare.
È l’11 marzo 1954 e sulla sua agenda Natta si appunta: «Fatto il polipropilene». Nulla di più.
Con l’aiuto finanziario della Montecatini, Natta aveva costituito nel suo Istituto un centro di ricerca di livello internazionale per i giovani ricercatori che lo affiancavano. Natta e i suoi collaboratori studiarono da ogni punto di vista la nuova sostanza, prima di un’intera classe di polimeri detti isotattici. Giulio Natta non si limitò mai alla teoria. Registrò il brevetto e ne vide le prospettive industriali.
Le conseguenze della scoperta
Nel 1957 la Montecatini iniziò l’utilizzo commerciale della nuova sostanza. La produzione di questi polimeri diede origine a un intero nuovo comparto industriale, in quanto essi presentavano eccellenti proprietà chimiche e meccaniche: costavano poco, erano leggeri, più duttili nella fase di lavorazione, praticamente indistruttibili, ma di questa caratteristica ci si rese conto solo più tardi.
Per questa scoperta, e per l’immediato riconoscimento della sua importanza scientifica e industriale, Natta ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1963. Questo premio coronò una carriera scientifica che vide Natta costantemente impegnato nei campi più avanzati della chimica organica industriale.
Ma il Polipropilene da quel momento diventò anche un materiale per oggetti di uso quotidiano. Le case di tutto il mondo si riempirono rapidamente di accessori e oggetti di arredamento in plastica, permettendo a masse sempre più vaste di accedere a consumi prima riservati a pochi privilegiati, semplificando un’infinità di gesti quotidiani, rivoluzionando per sempre le abitudini di consumo delle persone e dando il via allo “stile di vita moderno”.
La plastica innescò in poco tempo una rivoluzione democratica dei consumi. Passi da gigante se si pensa che i primi prototipi erano nati come materiali per sostituire il raro e costoso avorio nella produzione delle palle da biliardo o altri materiali di origine animale e vegetale come l’ambra, il guscio di tartaruga, il corno di rinoceronte e le zanne di elefante.
Gli anni ‘60 consolidarono il ruolo della plastica come strumento insostituibile della vita quotidiana e la portarono alla ribalta nei settori del design, della moda e dell’arte. Per comprendere il ruolo della plastica nell’immaginario di quei tempi, pensiamo al celebre film “Il Laureato”, in cui il socio del padre del protagonista, si rivolge al ragazzo con il tono di chi gli sta dando un consiglio prezioso che gli aprirà le porte del successo, e gli dice: “Ti dico solo una parola: Plastica!”
Ai nostri giorni
Ancora oggi, quella plastica creata da Natta, viene utilizzata per dare vita ai prodotti che troviamo nelle automobili, negli imballaggi, nell’edilizia, nel tessile e nel farmaceutico. Prodotti indistruttibili, ma riciclabili.
Del polipropilene di Natta si producono nel mondo 60 milioni di tonnellate all’anno.