La guerra dichiarata alla plastica ha indotto in anni recenti molte aziende operanti nel settore alimentare ad adottare imballaggi di carta e cartone, che solo di materiale cellulosico in realtà non sono. Sono ormai duffusissimi gli imballaggi di carta accoppiati alla plastica, a dimostrazione che la vituperata plastica in molti casi è indispensabile. La carta da sola non è un materiale idoneo a contenere molti prodotti, ma il connubio carta-plastica sta creando problemi nelle fasi di riciclo, tanto da avere indotto il Centro di Ricerca RifiutiZero a scrivere una lettera aperta al Consorzio Comieco (Consorzio nazionale per il Recupero e il Riciclo degli imballaggi in Carta e Cartone), che riportiamo integralmente.
Lettera aperta a Comieco
Si chiama ATICELCA 501 (da Associazione Tecnica IItaliana Cellulosa E Carta) approvato nel 2019 e rappresenta la modalità per valutare i livelli di riciclabilità degli imballaggi a prevalenza in carta. Esso prevede classificazioni definite A+ quando l’imballaggio non produce più di 1,5% di impurità nel riciclo, A quando produce fino al 10% di impurità, B, quando produce fino al 20% di impurità, C, quando produce fino al 40% di impurità. In pratica, a parte la prima classificazione tutte le altre ci pongono di fronte a dei “polimateriali” o a degli “accoppiati” soprattutto con plastiche.
Cosa succede? Quando questi materiali vanno differenziati con la carta, nelle operazioni di riciclo, i maceri derivanti producono uno scarto plastico che va a formare lo scarto di pulper che nell’area della piana di Lucca (tra Capannori e Lucca) che assorbe circa il 40% di tutti i maceri italiani, produce circa 100.000 tonnellate di questo scarto.
OCCORRE MODIFICARE QUESTI CRITERI, in quanto essi appaiono troppo permissivi a produrre imballaggi che quasi fino a metà della loro composizione producono scarti plastici per i quali l’industria cartaria (incredibilmente responsabile per aver approvato i criteri di cui sopra) invoca gli inceneritori.
CHE SIA IL COMIECO A FARSI CARICO DI QUESTA REVISIONE per evitare che l’attuale passaggio da parte di molte imprese dall’utilizzo di imballaggi plastici ad imballaggi a prevalenza cellulosica non significhi passare di nuovo da plastica a…plastica!
SI ABOLISCA almeno la “fascia C” (vedi imballaggi del tipo biscotti Balocco) di fatto praticamente in plastica ma che può essere conferito nella raccolta differenziata della carta. Ma anche molti imballaggi cellulosici che il Centro Ricerca RZ di Capannori sta studiando in particolare per quanto riguarda gli imballaggi per frutta appaiono del tutto fuorvianti in quanto mentre all’esterno risultano in cartoncino all’interno sono rivestite in polietilene (PE) provocando almeno il 20% del peso in scarto. Passare dagli imballaggi in plastica ad imballaggi in carta…plastificata E’ INACCETTABILE!
Mentre tutto questo avviene, che dire poi di imballaggi misti carta e plastica come quelli adoperati da Pasta Rummo, Tortellini Rana, Emiliane Barilla ed addirittura da marche del biologico come Alce Nero che devono essere conferiti nell’indifferenziato? Dov’è la Responsabilità Estesa del Produttore? Non è più accettabile questa “esternalizzazione” dei costi ambientali! Nonostante l’evidente iniquità di questo i Governi che si succedono si occupano d’altro, salvo parlare…di “sostenibilità”. BASTA RETORICA E FALSITA’! Occorre una svolta vera. Poiché ormai i cittadini italiani hanno imparato la raccolta differenziata, anche le aziende devono fare la loro parte. Presto il Centro Ricerca RZ di Capannori e Zero waste Italy intraprenderanno iniziative clamorose come rispedire al mittente questi imballaggi. A meno che non si apra un tavolo vero.