Il tema della sostituzione della plastica con le bioplastiche ha trovato molto spazio sui mezzi di comunicazione ed è spesso indicata come la soluzione per eccellenza. Questa possibilità trova però un ostacolo oggettivo e difficile da superare: la capacità produttiva mondiale delle bioplastiche copre meno dell’1% del fabbisogno di materie
plastiche. Lo scrive European Bioplastics Nova Institute nel suo rapporto relativo al 2019 che proietta i dati al 2024. Poco più di 2 milioni di ton di bioplastiche, rispetto ai 360 milioni di plastica prodotte annualmente, sono una goccia nel mare.
Se si limita il confronto delle materie utilizzate nella sola produzione di imballaggi la situazione risulta leggermente migliore, anche se si tratta sempre di volumi incomparabili. La capacità produttiva mondiale di bioplastiche per imballaggi rigidi e flessibili è di 1,139 milioni di tonnellate1, mentre nella sola Europa il fabbisogno di
plastiche per imballaggi è di circa 32 milioni di tonnellate2. Dai dati quantitativi, senza contare che per molte applicazioni la materia plastica non è sostituibile, appare subito evidente che rimpiazzare gli imballaggi di plastica con le bioplastiche può riguardare una quota minima di prodotto.
I prodotti bio based non sono tutti biodegradabili
Le considerazioni sui dati quantitativi sono solo un aspetto a cui si dovrebbero aggiungere altre considerazioni. Più del 40% delle plastiche bio based non sono biodegradabili e, contrariamente a quanto comunemente si crede, la degradazione non è esente da effetti negativi, come l’eutrofizzazione e l’acidificazione dei terreni. Inoltre, se gli oggetti di bioplastica finiscono nei mari, prima di riuscire a degradarsi
esplicano un notevole impatto negativo sui pesci e sugli uccelli marini.
A proposito di degradabilità vale la pena di chiarire la differenza tra materiale biodegradabile e materiale compostabile. Il primo si può scomporre dovunque, anche se il processo richiede tempo e non è senza effetti, mentre il materiale compostabile deve essere trattato con un processo di compostaggio industriale.
L’impatto ambientale si misura con il metodo LCA, Life Cycle Assessment
Da ultimo è importante sottolineare che la sostenibilità di un prodotto dovrebbe essere valutata analizzando l’intero ciclo di vita, applicando il metodo LCA – Life Cycle Assessment – che prende in considerazione l’impatto ambientale delle varie fasi: dall’estrazione della materia prima, al trasporto, alla produzione, alla distribuzione, fino al fine vita, cioè alla fase di smaltimento del rifiuto. L’analisi LCA produce risultati
talvolta inaspettati e non sempre sul banco degli imputati risultano i prodotti di plastica3.
Tutto questo ci dice che la sostenibilità non si persegue con ricette semplici, efficaci sui titoli dei giornali, ma con la collaborazione di tutti: ricerca e innovazione tecnologica da parte dell’industria, comportamento corretto da parte dei cittadini.
Fonti:
- European Bioplastics, Nova Institute
- PlasticsEurope: Plastics – The Facts 2020
- Life Cycle Assessment (LCA) comparativo di stoviglie per uso alimentare: Executive Summary