In un recente articolo pubblicato su The Guardian, viene affrontato un tema di estrema rilevanza globale: lo spreco alimentare. Secondo i dati forniti dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), il 17% della produzione globale di cibo viene sprecato, mentre una quantità simile viene persa, portando a un totale di circa un terzo del cibo prodotto che non viene consumato. A livello globale, si stima che i rifiuti alimentari domestici ammontino a una spaventosa media di 74 kg per persona all’anno, una cifra sorprendentemente uniforme tra Paesi a basso, medio e alto reddito.
La maggior parte di questi sprechi proviene da alimenti freschi come frutta e verdura, che si deteriorano rapidamente se non adeguatamente conservati. Questo non solo rappresenta una perdita economica, ma ha anche gravi conseguenze ambientali. L’Unep stima infatti che tra l’8% e il 10% delle emissioni globali di gas serra sia legato al cibo non consumato. Se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo maggior produttore di emissioni di gas serra.
In questo scenario, gli imballaggi in plastica svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione dello spreco alimentare, allungando la vita degli alimenti. Sebbene spesso vengano erroneamente percepiti negativamente, quando utilizzati correttamente gli imballaggi in plastica contribuiscono in modo significativo a ridurre lo spreco, proteggendo i cibi freschi dalla perdita di umidità e dall’ossigeno, principali responsabili del loro deterioramento. Inoltre, tecnologie come il confezionamento sottovuoto o in atmosfera modificata (in cui l’aria è sostituita da gas come l’azoto) permettono di prolungare ulteriormente la conservazione degli alimenti.
Un esempio concreto di quanto gli imballaggi possano essere efficaci nel combattere lo spreco alimentare viene dalla Danimarca che, grazie a questi e al lavoro di sensibilizzazione fatto dall’attivista Selina Juul, è riuscita a ridurre gli sprechi del 25% in soli cinque anni.
Una delle principali catene di supermercati del Paese, REMA 1000, ha introdotto soluzioni innovative come l’uso di due strati di imballaggio per prolungare la durata di alimenti freschi come salumi e petti di pollo, riducendo significativamente il cibo sprecato. Questo dimostra che l’uso intelligente degli imballaggi in plastica può avere un impatto positivo sia a livello ambientale sia economico.
Uno studio svedese ha evidenziato come, per la maggior parte degli alimenti, l’impatto ambientale della loro produzione sia molto più significativo rispetto a quello dell’imballaggio. Ad esempio, nel caso del formaggio, l’impatto della sua produzione è 58 volte superiore a quello della sua confezione. Ridurre eccessivamente gli imballaggi potrebbe quindi portare a un risultato controproducente: meno imballaggi porterebbero a più spreco di cibo, e dunque a un impatto ambientale complessivo maggiore.
È evidente che, pur lavorando verso soluzioni di packaging più sostenibili e incoraggiando il riciclo, gli imballaggi in plastica restano essenziali per la protezione e la conservazione degli alimenti. Il focus dovrebbe essere sull’uso di materiali riciclabili e sul loro corretto smaltimento, piuttosto che demonizzare indiscriminatamente gli imballaggi in plastica. La corretta gestione di questi imballaggi, accompagnata da pratiche di riciclo, può contribuire notevolmente alla riduzione dell’impatto ambientale e alla sicurezza alimentare.
La sensibilità verso il problema dello spreco alimentare è in crescita, come dimostra un sondaggio in Danimarca: il 94% della popolazione ritiene che oggi ci sia molta più attenzione a questa tematica rispetto a 15 anni fa. Se questa tendenza continuerà, l’uso degli imballaggi in plastica sarà sempre più riconosciuto come uno strumento fondamentale per ridurre gli sprechi alimentari, soprattutto se accompagnato da una corretta informazione e sensibilizzazione al riciclo.